Il calcio sta vivendo un momento di grande difficoltà, c’è enorme incertezza sul fatto che si torni a giocare o meno. Un’attesa questa che serba al suo interno una “caso” ancora oscuro e che in questi ultimi giorni è al centro di numerosi dibattiti. I calciatori chi deve pagarli se i campionati non ripartono? Una domanda la quale non trova risposta. Il problema principale è a chi rivolgerla!
Partendo dalla FIGC, per poi passare alla Lega di Serie D e al Coni, i presidenti delle 166 società di D, si costituiscono parte civile e assieme a circa 6.000 tesserati pretendono una risposta. Non appare ancora chiara la posizione dell’Associazione Italiana Calciatori (AIC) che appare tutt’oggi l’unico organo delegato a mediare tra le parti. Un’istituzione che nasce dall’esigenza di rappresentare i calciatori, ha perso potere accettando la soluzione adottata dalla Juventus, dove i calciatori hanno sancito un accordo privato con la società di appartenenza, un accordo dettato dalle quotazioni in borsa della società bianconera. L’AIC deve assolutamente intervenire come associazione a tutela dei calciatori, Il direttore di Sportitalia, Michele Criscitiello durante la trasmissione Sportitalia Mercato andata in onda la scorsa sera ha mostrato che nel bilancio 2018 di AIC, ci sono 8.3mln€ per un fondo di assistenza e mutuo soccorso, con i quali sostenere gli associati più sfortunati, perché non attingere a questi depositi?
Dalla Fifa arriva un altro colpo relativo ai contratti che scadranno il 30 giugno. Che succede se i campionati e le coppe proseguono fino a luglio? Fin qui si è sempre detto che ci sarebbe stata una proroga, anche se più di un giurista si è mostrato scettico, invece il direttore dell’ufficio legale Emilio Garcia Silvero ha detto: “La Fifa non può prorogare d’ufficio i contratti che scadranno il 30 giugno. Il calciomercato non aprirà il primo luglio e i giocatori non potranno essere tesserati“.
Il Coronavirus non era prevedibile, ma la mancata prestazione non deve essere a carico del lavoratore. Questo fa parte del rischio d’impresa. Se un calciatore si rompe il menisco, la società continua a pagarlo per intero. Il rapporto di dipendenza tra calciatori e club esiste ancora, nonostante quest’ultimo non giochi esso permane, eccome.
Il taglio unilaterale, deciso d’imperio, come vuole la Lega, non è una strada praticabile. Il taglio unilaterale è illegittimo. Nell’accordo collettivo non è prevista alcuna riduzione di ingaggio nel caso di mancato impiego. Non è un caso che il presidente Gravina, un dirigente che sa dimostrarsi sempre lucido, abbia auspicato una soluzione ragionevole e consensuale.