In un momento così particolare e doloroso che ha colpito la Nazione, non è facile parlare di calcio giocato: la Redazione di TuttoSerieD, ha intercettato uno dei protagonisti del Girone C, Michael Pagan, capitano dell’Adriese, per capire il suo punto di vista in merito a questa situazione: “Da quando sono a casa, ho tanti pensieri: ci hanno tolto le nostre abitudini, e questo è il nostro lavoro. Siamo in una situazione anomala. Bisogna anche parlare del discorso economico, con tanti calciatori in difficoltà. Ho visto troppa confusione per il mondo dello sport, soprattutto in quanto in quelli di squadra c’è il contatto fisico e la sicurezza viene a mancare… e se non ci si mette d’accordo in Serie A, figuriamoci in categorie minori come la nostra”.
RIPRESA – “Dalla D in giù è improbabile finire la stagione, a livello di sicurezza e di salute, non siamo strutturati come la A, soprattutto in relazione ai tamponi da effettuare in settimana o agli spogliatoi. Durante gli allenamenti in D ci sono una 40-50ina di persone al campo e mettere tutti in sicurezza è difficile. Non saprei se è giusto annullare la stagione o promozione e retrocessioni all’ultima giornata giocata, penso anche a play-off e play-out… faccio fatica a rispondere. Ci saranno contenti e scontenti, qualunque decisione verrà presa”.
STIPENDI – “Noi siamo lavoratori come tanti altri, per carità facciamo dello sport il nostro lavoro, quindi siamo anche dei privilegiati. Viviamo di calcio, la Serie D viene chiamata così, ma noi ci alleniamo come la C perché siamo a casa solo il lunedì, per non parlare delle fatiche della domenica. Io da 20 anni, non pranzo con la mia famiglia, ma mangio la mia pasta integrale col piatto di crudo. Ho fatto io questa scelta e sono felice di questo, ma vorrei far capire a tutti oltre che divertimento e passione, è un lavoro per noi. Tanti amici sparsi per l’Italia sono in difficoltà, perché molte società hanno deciso di non pagare più, e quindi come fanno andare avanti? E poi penso al ragazzo di 18 anni che vive con i genitori, la famiglia che gli dice: ‘Vedi, vuoi giocare a calcio e per una cosa così non ti pagano più… Vai a lavorare!’. Ma perché il ragazzo deve rinunciare al suo sogno. Chiediamo più tutela, vogliamo essere riconosciuti come lavoratori. Altrimenti dall’AIC ci dicono che dobbiamo andare a lavorare, e ci alleniamo la sera. Allora non chiamatela più Serie D. Io gioco a calcio da quando ho 9 anni, e mi sono sbattuto da ragazzino perché dopo scuola prendevo il pullmino e da Sottomarina andavo a Padova, tornavo alle 7 di sera e dovevo studiare. A 20 anni ho giocato anche lontano da casa, ho fatto tantissimi sacrifici e ora ho una famiglia da mantenere. E ci sono tanti esempi tra i miei compagni, ma devo essere sincero: l’Adriese si sta comportando in maniera esemplare. Il presidente ci ha dato una mano e la mensilità di marzo ce l’ha pagata. Questa società è da seguire come esempio: risparmiare e non pagare i ragazzi non è giusto”.
STAGIONE – “Noi come squadra potevamo fare di più, all’inizio eravamo una delle favorite. Prima dell’interruzione ci siamo trovati al sesto posto a 10 punti dalla prima: il Campodarsego ha fatto grandi cosi e meritava di essere là. La mia stagione è stata sfortunata, sono stato fermo per due mesi per un intervento al menisco. Dopo aver recuperato, sul più bello si è fermato tutto visto che avevo giocato 3-4 partite. E la nostra ultima gara risale a metà febbraio”.
MESSAGGIO – “Ai tifosi che se ci dovesse essere modo di riprendere ci faremo trovare pronti, e se non sarà adesso lo faremo a settembre con una nuova stagione, pronti a regalare qualche gioia. E poi mi auguro che chi di dovere si renda conto che è una situazione delicata. Chi gioca in D lo fa per lavoro e non per divertimento”.
Ringraziamo Michael Pagan e l’ufficio stampa dell’Adriese per la disponibilità e cordialità mostrata ai nostri microfoni.